Dal punto di vista religioso, la situazione attuale, per diversi aspetti, è simile a quella in cui vissero i primi cristiani. La società, infatti, era pagana nel I sec d.C. ed è secolarizzata e nichilista oggi. In passato, Gesù e i suoi discepoli sono stati perseguitati e uccisi, e nel mondo contemporaneo, il clima culturale rende marginale, se non addirittura inutile, il messaggio del vangelo. Tuttavia c’è una differenza tra noi e i primi cristiani. Nel passato, infatti, gli uomini non conoscevano Gesù, e quando ascoltavano la testimonianza dei discepoli, molti restavano conquistati dalla novità del suo messaggio, profetico e salvifico. Oggi, invece, molti presumono di sapere già tutto e credono che Gesù non possa dire più nulla di interessante a loro, tant’è che molti uomini e donne non attendono più nessuna salvezza da Dio. Per non pochi, la parrocchia è solo un erogatore di sacramenti per festeggiare quella che, per diversi bambini, non è solo la prima, ma è anche l’ultima comunione. Il tutto accompagnato da un rituale neopagano con tanto di carrozze e fuochi di artificio. Che tristezza!

Certamente tutto ciò dipende da vari fattori, ma non è da escludere la responsabilità di noi pastori che, spesso, ci siamo accontentati di amministrare i sacramenti senza preoccuparci di evangelizzare le coscienze e di testimoniare la bellezza di essere cristiani. Il vangelo ha una carica rivoluzionaria, non solo per i valori umani in esso contenuti, ma soprattutto perché ci salva inserendo la nostra vita nel dinamismo della vita stessa di Dio; un innesto che ci dà l’energia per compiere cose che vanno oltre le forze umane, come perdonare i nemici e lottare sempre per la pace e la giustizia nonostante i fallimenti di tanti progetti umani. Il vangelo è un antidoto al pessimismo e alla disperazione; ci fa rialzare sempre la testa dopo ogni sconfitta e ci offre la speranza più grande di ogni attesa umana, che è quella di vivere senza paure perché neppure la morte ha potere su chi ha fede in Cristo. Purtroppo, noi cristiani, non siamo capaci di testimoniare tutto ciò! Spesso non facciamo altro che ripetere, senza convinzione, formule astratte e ripetitive che non affascinano e non seducono. Abbiamo un inestimabile tesoro, ma lo teniamo nascosto e per questo non si irradia.

L’apostolo Giovanni, alla fine del I secolo, così scriveva agli abitanti dell’Asia Minore.  “Figlioli miei, quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita … noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena” (1 Gv 1,1-4).  Ciò è quanto desideriamo annunciare anche noi oggi. Lo vogliamo fare con la testimonianza gioiosa dei fedeli della parrocchia. Nietzsche, con sarcasmo, così si rivolgeva ai cristiani: “Dimostratemi che siete redenti e io crederò al vostro Redentore”. Per risvegliare la nostalgia di Dio in coloro che sono indifferenti al discorso religioso, dobbiamo essere attraenti e seducenti. È una responsabilità di tutti i credenti. A tale scopo, per avvicinare i “lontani”, pensiamo pure di costituire e formare un gruppo denominato “i missionari del vangelo, con il compito di uscire “fuori” dalle mura della chiesa e portare con passione ed entusiasmo l’annuncio del vangelo a chi non lo conosce.

Carissimo, mi rivolgo a te personalmente! Oggi, Gesù passa per le strade della nostra parrocchia e ti chiama, così come fece lungo le rive del mare di Tiberiade. Chiediti se anche tu puoi far parte di questo gruppo che si sta costituendo in parrocchia. Se sei interessato, prendi contatto col parroco. L’esperienza arricchirà primariamente te perché la fede si rafforza donandola agli altri; recherà grande beneficio anche alla comunità parrocchiale perché, sotto il soffio dello Spirito, essa vivrà sicuramente una nuova Pentecoste.

 

Don Antonio D’Angelo

Parroco