Bari, fuochi d’artificio dopo l’omicidio: la festa del quartiere Libertà a un’ora dall’agguato

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08 marzo 2017 bari.repubblica.it
Fuochi d’artificio per festeggiare una scarcerazione eccellente, il compleanno del nipote del boss o il matrimonio della cugina. Una forma di pressione sociale, tutta barese, che la sera del 6 marzo ha raggiunto livelli allarmanti quando l’oggetto dei festeggiamenti è stato un agguato mortale. Ore 21,30: è passata solo un’ora da quando a Japigia viene ucciso Giuseppe Gelao e gravemente ferito Antonino Palermiti, nipote del boss Eugenio. Appena il tempo di “passare novità”, di informare cioé i referenti delle organizzazioni criminali, che al rione Libertà si festeggiava con esplosioni colorate in cielo. Circostanza che non è passata inosservata agli investigatori della Squadra mobile, al lavoro per la risoluzione dell’omicidio.

“È successo anche un paio di settimane fa, quando il 27 febbraio hanno arrestato il gruppo degli Strisciuglio che faceva le estorsioni, qui c’è la spartizione fra clan e, a seconda di chi ha la peggio, l’altro festeggia così”. Don Francesco Preite, parroco della chiesa del Redentore, cuore del Libertà, non ha dubbi: “È un segnale per dire: comandiamo ancora noi. Ma non è così”. Nelle strade del quartiere c’è un misto di sollievo, dopo quegli arresti, e timore che accada ancora. C’è chi ammette di averli conosciuti, di aver subito le richieste estorsive e chi scuote la testa e tira giù la saracinesca.

“La gente ha bisogno di segni, di speranza concreta – prosegue il parroco – non solo della repressione che ci deve essere, ha bisogno di una politica che si interroghi sulla questione e spinga per un sostegno alla gioventù in questo tempo di crisi, economica e sociale, che viviamo. Tempo nel quale la criminalità ha tutta la possibilità di operare”. A dicembre 2016, all’interno del Redentore, è nato il pub sociale Lupi&Agnelli, uno spazio di incontro culturale ed esempio di legalità.

Ma non basta: “Nell’ultimo mese ho incontrato molti ragazzi colpevoli di crimini – racconta don Francesco – Tutti mi raccontavano di disagio, disperazione, di famiglie che non arrivano a fine mese. E i modelli prepotenti e violenti della criminalità prevalgono su quelli positivi. Ma se noi siamo sostegno ai modelli alternativi che danno un futuro possibile, la tendenza inizia a cambiare”. E ci si prova in tanti modi, anche con la raccolta fondi. “Abbiamo lanciato la campagna per mettere a disposizione gli spazi del Redentore, provando a fare lavori di inclusione lavorativa”.

Il richiamo è anche ad Antonio Decaro: “Il sindaco ha annunciato la riqualificazione delle periferie. Noi aspettiamo una riqualificazione sociale ed economica del tessuto comunitario, unica risposta alla logica delle mafie che priva dei rapporti più elementari la gente del territorio”. Il commercio, per don Francesco, resta tema centrale: “Non solo per un discorso economico: si permette alla gente di camminare liberamente per strada, senza avere paura, di avviare relazioni. Lo vediamo con i giovani che vengono al pub, sono partecipi e attivi, vogliono aprire negozi, ma aspettano che non ci siano pericoli. Si respira un clima di paura e allerta, testimoniato anche dai fuochi d’artificio”.

E intanto proseguono le indagini degli agenti della Squadra mobile, che hanno eseguito perquisizioni, stub e interrogatori. La pista più battuta, al momento, porta a una spaccatura interna al clan Parisi: un conflitto fra sottogruppi per il controllo del traffico di sostanze stupefacenti. Un agguato, a quanto pare, maturato dopo l’omicidio di Franco Barbieri, il 17 gennaio, nello stesso quartiere. Il 6 marzo i sicari, forse arrivati in via Caduti Partigiani con un’auto, hanno sparato con una mitraglietta e un’altra arma contro Gelao e Palermiti. Non si esclude, peraltro, che con loro ci fosse un’altra persona appena uscita dal carcere.

 
 
Fonte: http://bari.repubblica.it
Foto di bari.repubblica.it
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