Nella metà dell’Ottocento Don Bosco operava non solo ‘per’, ma ‘con’ i ragazzi più poveri e abbandonati in una Torino che stava vivendo uno sviluppo tumultuoso, afflitto purtroppo da immense sacche di povertà e violenza. Nella periferia nord della città si stava infittendo una ‘cintura nera’ fatta di baracche affollate dagli immigrati più poveri. Ondate sempre più numerose di famiglie contadine poverissime e di giovani soli abbandonavano le campagne e venivano a cercar lavoro e fortuna nella città, affollandosi nelle catapecchie che nascevano tra gli acquitrini della Dora, dove si riversavano i liquami della città priva di fognature. Quei giovani, molti appena ragazzi, se non ancora bambini, venivano impiegati e sfruttati nei grandi cantieri della zona sud, nelle imprese manifatturiere, filande, concerie, fornaci, fabbriche. Sottoposti a ritmi di lavoro disumani, molti morivano prematuramente ad appena 18-19anni di età; tanti altri, magari cacciati per “scarso rendimento”, finivano sulle strade. Nell’affannosa e spesso disperata ricerca di sopravvivere, questi ragazzi spesso si univano in bande, vivevano rubacchiando dai banchi dei mercati, come piccoli borseggiatori, in costante conflitto con i poliziotti che davano loro la caccia, e appena potevano li sbattevano in prigione. La sconcertante attualità di situazioni di questo tipo riempie gli occhi e l’anima di tutti quelli tra noi che visitano Paesi poveri, ma anche di quelli tra noi che hanno occasione di entrare in contatto con le sacche di povertà e violenza della nostra società.
A livello mondiale, i Salesiani di Don Bosco operano quotidianamente nelle scuole, nei centri di formazione professionale, negli oratori, in centri di aggregazione giovanile, nell’accoglienza e reintegrazione di ragazzi distrada, di bambini soldato, di ragazzi in misure alternative al carcere in 130 paesi del mondo, in favore di 15 milioni di ragazzi e ragazze. Tanto che il relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto all’educazione, Vernor Muñoz Villalobos, ha affermato che i Salesiani oggi sono probabilmente l’agenzia educativa più rappresentativa al mondo.
Nel corso degli anni, il Redentore ha educato intere generazioni attraverso l’accoglienza degli orfani di guerra, l’attivazione di corsi artigianali per sarti e calzolai e professionali per tipografi, meccanici, legatori, falegnami, della scuola primaria, l’apertura del semiconvitto, del Centro Pedagogico Meridionale e del convitto universitario, e l’avviamento dell’Oratorio Centro Giovanile che offre un luogo educativo in un quartiere segnato dal disagio e dalla povertà.
Oggi il Redentore si propone come comunità educativa di ampia accoglienza per minori e giovani di diversa estrazione sociale, in modo particolare quelli di ceto popolare e si avvale della collaborazione di associazioni e cooperative sociali per offrire con professionalità servizi socio-assistenziali. L’azione sociale ha come punto di riferimento don Bosco ed il suo sistema educativo preventivo, si basa sull’educazione integrale della persona e sulla cultura della prevenzione ed è qualificata da una scelta determinante: i giovani, soprattutto i più poveri; da un compito: educare evangelizzando ed evangelizzare educando; da un’esperienza comunitaria e da uno stile specifico: l’animazione. Fedeli alle intenzioni del nostro fondatore don Bosco, miriamo a formare ‘onesti cittadini e buoni cristiani” seguendo il sistema educativo preventivo fondato su Ragione, Religione, Amorevolezza
Negli ultimi anni, il Redentore si è maggiormente aperto al territorio ricercando la collaborazione istituzionale con Enti pubblici e privati e favorendo sinergie educative in partenariato con altre associazioni e cooperative del privato sociale. Basta ricordare i recenti progetti: FINIS TERRAE, finanziato dalla Fondazione CON IL SUD e che ha avuto come obiettivo lo sviluppo infrastrutturale e socio-culturale delle comunità appartenenti alla VIII Circoscrizione di Bari (in chiusura ad ottobre 2014); LIMES, finanziato dal Ministero dell’Interno (Fondo Europeo Integrazione) e finalizzato all’integrazione e all’inserimento lavorativo delle giovani comunità migranti della Città di Bari (chiuso a giugno 2014); FABER, finanziato dalla Caritas, fondo 8×1000, si propone un intervento organico sull’universo delle comunità migranti, attivando una filiera di servizi residenziali e semiresidenziali destinata ai minori stranieri non accompagnati (MSNA).
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