di Gabriele Di Palma
Abstract
Lo scopo di questo articolo è ricostruire attività e metodo di intervento di un presidio socio-educativo della periferia di Bari, l’Istituto Salesiano SS. Redentore, per comprendere come si trasformano gli attori del welfare nei territori frammentati dalla crisi. L’analisi approfondisce i rapporti tra contesto territoriale e azione di un’istituzione attiva dal 1905 in un luogo simbolo dell’Europa contemporanea, il quartiere Libertà. Nato attorno alle grandi manifatture di inizi Novecento, tra 1991 e 2011 il Libertà ha perso circa tremila occupati e trecento unità locali di imprese private. Nel quartiere sono attivi alcuni clan storici della città e c’è una forte presenza di criminalità giovanile. L’area, a ridosso del centro, è quella di Bari con il numero in assoluto più alto di migranti. L’Amministrazione comunale sta intervenendo con un complesso intervento di rigenerazione, incentrato sulla creazione di spazi pubblici e il rafforzamento del capitale umano e sociale attraverso la creazione di nuovi servizi di welfare, politiche attive del lavoro e centri culturali, mentre le forze nazional-populiste stanno portando avanti un’accesa campagna politica che cerca di cavalcare la frustrazione della popolazione associando l’insicurezza del presente ai nuovi cittadini.
L’articolo si inserisce nel solco della riflessione sul ruolo del terzo settore nelle periferie d’Europa post austerity. I rapporti tra meccanismi di inclusione sociale e contesto sono analizzati secondo l’approccio realista alla valutazione, evidenziando i prodotti e gli esiti dell’azione dell’ente nel territorio.
La metodologia adottata è di tipo quali-quantitativo. Per ricostruire l’operato del Redentore si è fatto ricorso a interviste semi-strutturate a dipendenti, coordinatori dei servizi e animatori, all’analisi di documenti interni e a periodici pubblicati dall’Istituto stesso. Il quartiere è stato invece descritto sia con interviste a testimoni privilegiati che georeferenziando e rielaborando con software GIS banche dati Istat e di altri enti pubblici.
I risultati mostrano come sia in atto un cambiamento organizzativo e una ridefinizione degli obiettivi per rispondere a nuove esigenze sociali. Il Redentore sta affrontando una trasformazione da parrocchia a vera e propria impresa sociale: al suo interno operano sei diversi enti che si occupano di inserimento sociale e lavorativo e svolgono attività educative, culturali e formative per circa mille persone l’anno, quasi tutti bambini e ragazzi. Negli ultimi anni si è aperto al territorio cercando la collaborazione di enti pubblici e privati per il finanziamento di progetti rivolti a migranti economici e richiedenti asilo, creando sinergie con altri attori del welfare locali e nazionali. Oltre ai domini classici dei salesiani, l’educazione e la formazione, l’attenzione è sempre più rivolta alla creazione di opportunità di lavoro per prevenire la devianza tra i ragazzi del quartiere. La nascita al suo interno di nuovi servizi (un pub sociale all’interno degli spazi dell’Istituto, un’associazione culturale, una comunità educativa inaugurata nel 2015, il progetto per la creazione di un bed and breakfast) rivelano come il Redentore stia cambiando pelle per rispondere ai bisogni di un territorio disgregato dalla crisi, controllato dalla criminalità ed egemonizzato dal discorso nazional-populista. Quello del Redentore è un caso studio emblematico di come gli attori nelle politiche sociali stiano reagendo per fronteggiare le sfide poste dalla crisi nelle periferie d’Europa.
Parole chiave: periferie, istituzioni, crisi, rigenerazione urbana, welfare.
Introduzione
Il dibattito sui servizi di welfare oscilla tra due visioni contrapposte. La prima, che può essere fatta risalire a Smith (Sylos Labini, 1974), li considera lavori improduttivi e li contabilizza come spese correnti; con la seconda, invece, come scrive Vercellone (2011), “spese e servizi collettivi del welfaredovrebbero essere invece riconosciuti come i fattori motori di una dinamica di sviluppo fondata sulle produzioni intensive in conoscenza e di un’economia in cui la principale forza produttiva é ormai rappresentata dalla qualità intellettuale della forza lavoro”. O anche, come afferma Esping-Andersen (2005, 34, trad. mia), “l’ampiezza della popolazione che abbandona gli studi influenzerà la produttività futura e gli oneri del welfare”.
Ricostruendo attività e metodo di intervento del Redentore di Bari si notano entrambi questi paradigmi, arginare l’emergenza sociale e contribuire alla rinascita della comunità nel lungo periodo. Da più di cento anni il Redentore è il punto di riferimento degli abitanti del quartiere. Dalla sua fondazione l’istituzione salesiana ha educato generazioni di ragazzi attraverso l’oratorio, l’accoglienza degli orfani di guerra, corsi artigianali e professionali, la scuola primaria, il Centro Pedagogico Meridionale, il semiconvitto e il convitto universitario. Dal 2012 l’Istituto si è ulteriormente aperto al territorio creando sinergie con altri enti del terzo settore locali e nazionali e ricercando la collaborazione istituzionale di enti pubblici e privati. Sono così nati i progetti “Finis Terrae”, finanziato dalla Fondazione Con il Sud, “Limes”, dal Fondo Europeo per l’Integrazione gestito dal Ministero dell’Interno, e “Faber”, che ha ricevuto il contributo della Caritas, tutti volti all’integrazione di migranti e richiedenti asilo nel contesto urbano.
Con la fine del fordismo, stretto nei vincoli di bilancio, lo stato sociale ha progressivamente acquistato una dimensione locale, con prestazioni differenziate in base alla capacità dei comuni di attrarre fondi e programmare servizi. L’innovazione nei sistemi locali di welfare è fortemente legata anche alla vitalità degli enti del terzo settore e alla sensibilità del tessuto imprenditoriale, che insieme possono dare nuove risposte ai crescenti bisogni sociali (Andreotti e Mingione, 2016). Il Redentore ha saputo creare collaborazioni con un insieme variegato di attori. La sua capacità di intervento è accentuata dal complesso programma di rigenerazione urbana che l’Amministrazione comunale sta portando avanti nel quartiere. Oltre al rafforzamento degli interventi di welfare rivolti ai minori, il Comune è stato determinante per la nascita di un pub sociale all’interno del Redentore, per la riapertura della biblioteca e per il Progetto Reti Civiche Urbane, di cui l’Istituto è capofila, con il quale organizzazioni del terzo settore, scuole e imprese culturali hanno predisposto un cartello di iniziative socio-educative per il quartiere.
Il cambiamento in atto nell’organizzazione riflette il tentativo di rispondere a nuove domande sociali, emerse con la crisi, a cui il terzo settore risponde diventando “protagonista dei processi sulla frontiera dell’innovazione sociale, dove si sperimentano nuove ibridazioni rispetto ai settori tradizionali” (Maietta, 2015, 73).
Metodologia
L’articolo si inserisce nella riflessione teorica sulla rendicontazione sociale degli enti del terzo settore, nata negli anni ‘70 e cresciuta insieme all’aumento della rilevanza dell’economia sociale (Melloni, 2017, Ranieri, 2015). In particolare l’analisi approfondisce i rapporti tra contesto di riferimento e azione di una storica istituzione socio-educativa di un luogo simbolo dell’Europa contemporanea: il quartiere Libertà di Bari. I rapporti tra meccanismo e contesto, come messo in evidenza da Pawson e Tilley (1997), sono infatti essenziali per ricostruire la teoria del programma e valutare effetti ed esiti delle attività dell’organizzazione studiata. Come afferma Pawson (2006, 26, trad. mia): “Una prospettiva tradizionale vede gli interventi in termini più concreti come raccolta di risorse, attrezzature e personale ma, per i realisti, queste risorse sono teorie incarnate. Gli interventi sono sempre basati su ipotesi che postulano: «Se lanciamo un programma in questa maniera o gestiamo i servizi in quest’altra, allora si otterranno risultati migliori»”.
La metodologia adottata è di tipo quali-quantitativo. Per ricostruire la teoria del programma dell’Istituto Redentore si è fatto ricorso a interviste a dirigenza, dipendenti e operatori del Servizio Civile Nazionale. Le interviste sono state condotte tra dicembre 2018 e febbraio 2019.
Lo sguardo dei giovani operatori del Servizio Civile è stato essenziale per ricostruire i metodi d’intervento attraverso i quali si svolge l’attività educativa e catturare almeno in parte i suoi effetti. Come affermano Zamagni, Venturi e Rago (2015, 81), infatti, “[g]li indicatori di impatto misurano quindi la qualità e la quantità degli effetti di lungo periodo generati dall’intervento; descrivono i cambiamenti nelle vite delle persone”. E questi cambiamenti sono narrati in maniera esemplare da ragazzi che, nella maggior parte dei casi, fin da piccoli hanno vissuto l’oratorio per poi diventare animatori salesiani, e sono oggi osservatori consapevoli dell’anello che collega l’organizzazione al territorio e ai suoi abitanti.
Per descrivere le iniziative del Redentore sono stati anche utilizzati documenti interni all’organizzazione (in particolare il Mandato educativo) e materiale a stampa pubblicato sulla rivista “DB Lab News”, a cura dell’omonima associazione.
Il contesto di riferimento è stato analizzato georeferenziando dati censuari e rielaborando le serie storiche dei valori di affitto e compravendita dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate. Il programma di rigenerazione è stato infine studiato attraverso la documentazione amministrativa degli interventi implementati dal Comune, e con interviste in profondità a decisori pubblici, soggetti attuatori e protagonisti della vita associativa e politica del quartiere.
Il contesto
Al centro del discorso pubblico, il quartiere Libertà presenta tutte le contraddizioni delle periferie europee post-crisi finanziaria. Nato attorno alle grandi manifatture di inizi Novecento, la già fragile economia del quartiere ha perso, tra 1991 e 2011, più di tremila addetti e quasi trecento unità locali di imprese private.
Tab. 1. Numero di unità locali e di addetti delle imprese private del Libertà.
Numero unità locali | Addetti | |
1991 | 3.617 | 10.970 |
2001 | 3.566 | 9.241 |
2011 | 3.321 | 7.837 |
Fonti: rielaborazione su fonti Istat, Censimento dell’industria e dei servizi 1991, 2001 e 2011.
Fig. 1. Sezioni censuarie analizzate.
Fonte: rielaborazione su Deliberazione della Giunta Comunale di Bari n. 349 del 19/04/2019.
Nel quartiere sono attivi clan criminali, come quello dei Caldarola, con giovani leve che sono si sono rese protagoniste di fatti di cronaca che hanno colpito profondamente l’opinione pubblica cittadina. Ed è stata la Direzione Distrettuale Antimafia a evidenziare come disoccupazione giovanile e criminalità siano strettamente legate nel contesto barese.
Il 2016 Governo avvia il “Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie”, identificate anche grazie a un indicatore elaborato su dati del censimento 2011 chiamato dal Ministero delle Infrastrutture “Indice di Disagio Sociale” (IDS), composto dai tassi di occupazione e disoccupazione, scolarità e popolazione giovanile comparati con la media nazionale. Il Libertà, insieme al quartiere San Paolo, è l’area obiettivo del progetto di riqualificazione.
La mappa che segue illustra una rielaborazione dell’IDS per le sezioni censuarie del territorio cittadino, confrontate con la media di tutta la città di Bari. Si nota come la deprivazione relativa investa in modo rilevante, oltre ad aree periferiche, anche zone centrali o a ridosso del centro come la città vecchia (la penisola che si sporge nell’Adriatico) e il quartiere Libertà.
Fig. 2: Indice di Disagio Sociale delle sezioni censuarie rispetto alla media cittadina (quintili).
Fonte: rielaborazione su fonti Istat, 2011.
Al momento il quartiere è al centro del programma di rigenerazione dell’Amministrazione comunale, che sta utilizzando fonti di finanziamento diverse per investimenti materiali e immateriali. Per realizzare l’ambizioso programma, il Comune è riuscito a coinvolgere una pletora di enti pubblici e del privato sociale. Così, ad esempio, l’ente regionale per il diritto allo studio universitario (ADISU) realizzerà una residenza per studenti nell’ex istituto nautico; la controllata del Ministero dello Sviluppo Economico Invimit si occuperà dei lavori nell’ex Manifattura Tabacchi, all’interno della quale saranno ospitati gli uffici del CNR ora sparsi tra varie altre sedi; il terzo settore e alcune imprese culturali, infine, stanno gestendo parte dei servizi.
L’ampiezza del ventaglio delle fonti costituisce però anche un limite, come riconoscono gli stessi decisori pubblici, visto che gli interventi nascono con finalità e in momenti diversi con il rischio, come sottolinea l’ex Assessore all’Urbanistica,
«che siano giustapposte e non siano tra loro integrate e tu l’effetto in termini anche di sviluppo dell’economia locale, di rafforzamento dei legami sociali, ce l’hai anche quando più azioni concorrono allo stesso obiettivo» (Carla Tedesco, intervista, 26/02/2019).
I fondi per la coesione la fanno da padrone. La tortuosa storia della rigenerazione del Libertà comincia con un avviso pubblico regionale, all’interno del programma Bollenti Spiriti, che ha destinato risorse alla creazione di contenitori creativi per i giovani, rendicontati all’interno dell’Asse VII del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale 2007/2013.
Grazie a una negoziazione con la regione, che ha stanziato parte dei fondi dell’Accordo Quadro del Fondo Sviluppo per la Coesione, e a una convenzione con la Provincia di Roma, che ha fornito assistenza tecnica, hanno preso vita due contenitori propedeutici alla ricerca e creazione del lavoro: Porta Futuro 1 e 2. Il Piano Periferie sta permettendo un esteso rinnovamento degli spazi pubblici, con la creazione di tre piazze e un parco, e la riqualificazione di un viale ed arterie importanti del quartiere.
Nel master plan del Libertà, una volta avviata la riqualificazione fisica, si è dato impulso al rafforzamento del capitale sociale attraverso avvisi pubblici finanziati dal PON e dal POC Metro 2014/2020: URBIS, D_Bari Start Up, Reti Civiche Urbane. La prima delle tre è una misura che finanzia avvio di nuove attività commerciali, artigianali, turistiche e nel campo dei servizi nelle zone della città oggetto di interventi di rigenerazione; con la seconda si cerca invece di ricucire il tessuto sociale delle aree fragili, finanziando la nascita di esperienze innovative di economia sociale, mentre con RCU si dà vita a raggruppamenti di organizzazioni del terzo settore, imprese o semplici cittadini che facciano, nei quartieri, animazione sociale e culturale.
Gli interventi di welfare sono stati rafforzati attingendo a risorse comunali, nazionali o del Piano di Azione Coesione. Oltre al Centro per famiglie e minori, finanziato con fondi della legge 285/1997, sono stati potenziati i servizi per adulti con difficoltà sociali del centro diurno Area 51, e sono stati creati due centri per la prima infanzia: un centro ludico nato in una scuola abbandonata e un servizio sperimentale per l’infanzia, NEST, vincitore del bando Prima Infanzia dell’Impresa Sociale Con i Bambini, gestito da Save the Children e dall’Associazione Happy Mama, a cui il Comune ha messo a disposizione un immobile.
La cultura e la creatività giovanile è promossa in due luoghi distinti: Officina degli Esordi, come su ricordato, è il primo intervento creato nell’area e tuttora ospita, oltre al servizio di caffetteria, ristorazione e a un cartellone di eventi, alcune interessanti imprese del territorio come la Scuola Open Source; il secondo, Spazio 13, gestito da 14 associazioni, è un centro culturale, nato da un avviso pubblico ANCI, rivolto principalmente a ragazzi età compresa tra i 16 e i 35 anni.
Sono interventi che, a detta di Vitandrea Marzano, uno dei componenti dello Staff del Sindaco, contribuiscono a
«restituire una bellezza e soprattutto una rinnovata fiducia poiché quartiere strategico destinato a crescere, migliorare, a riqualificarsi sia nelle sue parti fisiche ma soprattutto anche nelle sue parti culturali, dell’integrazione, di risposta per esempio a tutti questi nuovi bisogni sociali delle giovani coppie. Perché è un quartiere molto giovane. Per poter, diciamo, illuminare la città» (intervista, 06/12/2018).
Lavoro di cura, riqualificazione, lavoro, economia creativa e sociale sono gli assi portanti di questo articolato progetto di cui il Redentore è l’anima o, come afferma ancora Marzano,
«il vero cuore del quartiere perché il Redentore era orfanotrofio, poi è diventato scuola professionale, tutti gli elettricisti sono stati tutti formati dall’istituto professionale del Redentore, oltre che essere con l’oratorio il luogo che si prende trecento ragazzi di strada al Libertà. Quindi praticamente qui c’è la storia del Libertà e tu non puoi progettare la rinascita del Libertà senza considerare quest’anima sociale e identitaria molto forte».
Fig. 3. Stima della spesa complessiva cumulata del Programma di Rigenerazione urbana del Quartiere Libertà.
Fonte: rielaborazione su fonti Comune di Bari, InvimitSgr, CNR, Impresa Sociale Con i bambini (atti di affidamento lavori, servizi e forniture).
Contemporaneamente, e forse anche grazie al dibattito generato dal progetto di riqualificazione, l’area è al centro dello scontro politico. A luglio 2018, il movimento Riprendiamoci il futuro, con sede nel quartiere, ha inviato una petizione firmata da 3.000 persone indirizzata al Ministro dell’Interno Matteo Salvini. L’incipit della missiva recita: “nel nostro quartiere risiedono migliaia di extracomunitari, gran parte Africani, i quali gironzolano e stazionano quotidianamente nell’intero quartiere, creando spesso situazioni di rissa, tra loro e non solo, cui vanno aggiunti giri di illegalità”. Il vicepremier ha risposto con una visita nell’area a settembre, rivendicando i successi contro gli sbarchi e promettendo più forze di polizia e lotta alla criminalità.
Il testo della lettera indirizzata al Ministro Salvini si sofferma su un altro aspetto, la crisi dei valori immobiliari delle abitazioni del quartiere, che gli estensori della petizione collegano alla presenza di migranti e richiedenti asilo e alla conseguente insicurezza percepita. Come afferma Luigi Cipriani, autore della petizione,
«Qui purtroppo c’è un’alta concentrazione di immigrati che ha fatto esplodere questa situazione di invivibilità del quartiere. Con l’ausilio anche di proprietari senza scrupoli» (intervista, 09/01/2019).
Continua Cipriani:
«molta gente, che con sacrificio ha acquistato le case anche con mutuo, se ne sta scappando, le sta svendendo».
I movimenti dei prezzi degli immobili evidenziano dinamiche sociali profonde: l’impoverimento della popolazione, in termini di reddito e patrimonio, nelle fasi di declino o, nei quartieri oggetto di rigenerazione, l’espulsione dei vecchi abitanti. Come affermano Accetturo e De Blasio (2019, 86-87) riguardo ai piani di rigenerazione , “[i] risultati suggeriscono che l’unico effetto di rilievo, che però si materializza solo nel caso dei progetti di importo più significativo, è quello sul prezzo delle abitazioni, che aumenta. Non risultano invece impatti sulla dinamica della popolazione, sul numero di addetti e di unità locali delle imprese o sul reddito medio a livello dell’intero territorio comunale.”
La serie storica degli intervalli di confidenza della media dei prezzi di affitto e di acquisto, in termini reali, delle case dà conto di quanto accaduto negli ultimi quindici anni nel mercato immobiliare del quartiere e della città.
Fig. 2.Intervalli di confidenza, deflazionati con l’indice dei prezzi al consumo, della media dei prezzi di affitto e di acquisto delle abitazioni civili della città di Bari e del quartiere Libertà.
Fonti: rielaborazioni su fonti Agenzia delle Entrate – Osservatorio del Mercato Immobiliare.
Gli anni che precedono la crisi sono gli anni della bolla immobiliare. In tutta la città i prezzi salgono per poi ridiscendere, tornando a livelli generalmente superiori a quelli dell’inizio della rilevazione. Aumentano marcatamente i prezzi e aumenta anche la loro variabilità, che poi va via via riducendosi con lo scoppio della crisi. Sembra che il piano comunale abbia avuto un’iniziale effetto annuncio, almeno sul livello dei prezzi di affitto del Libertà. Come si nota dai grafici, tra 2015 e 2016 c’è un sostanziale incremento nel quartiere che va ben oltre quello registrato a livello cittadino. Inoltre, in tutta la città, i valori immobiliari sono, in termini reali, decisamente superiori a quelli di quindi anni fa. Ma, come mettono in evidenza Eatwell e Goodwin (2018), è il senso di deprivazione relativa e non i livelli assoluti di povertà a determinare la rivolta populista, insieme alla percezione di essere trascurati dai governi a vantaggio di altri gruppi sociali, incluso i migranti.
In questo contesto contraddittorio, tra difficoltà comuni ad altre zone periferiche d’Europa, si inseriscono le azioni socio-educative del Redentore. La sua sfida è quella di creare opportunità in un luogo contrassegnato da disoccupazione e dispersione scolastica, mettendo al centro il lavoro come vocazione e «possibilità di ridare dignità alla persona umana», secondo don Francesco Preite (intervista, 05/12/2018). Per evitare che la criminalità organizzata dilaghi dove regna l’emarginazione, l’Istituto porta avanti progetti sociali e azioni di contrasto alla povertà educativa.
Metodo di intervento e servizi socio-educativi
Per ricostruire l’azione sociale del Redentore occorre partire dal pensiero di don Bosco e dal “sistema educativo preventivo”, centrato sull’educazione integrale della persona e sulla cultura della prevenzione seguendo ragione, religione, amorevolezza. Il sistema preventivo è sia un’esperienza spirituale che una metodologia pedagogica. Gli intervistati sono concordi nell’affermare che, alla base del sistema preventivo, c’è innanzitutto una relazione fraterna con i ragazzi. Afferma Francesco Barracane, 19 anni, operatore del Servizio Civile Nazionale:
«L’attività educativa, per come la penso io, potrebbe essere una figura fraterna per il ragazzo. Cerco di immedesimarmi nel ragazzo e cerco di seguirlo passo passo, di diventare un punto di riferimento per il ragazzo, in qualsiasi tempo e per qualsiasi motivo. Perché se un ragazzo ha fiducia in te, è diventato tuo, non lo perdi più. Anzi è lui che ti incentiva a fare nuove attività, iniziative, ti dà spunti per poter iniziare nuovi progetti. Ti dà tanto, ti dà animo, ti dà vita»(intervista, 13/02/2019).
Il Redentore è luogo aperto, di accoglienza, nel quale si cerca di costruire una relazione di fiducia in un contesto difficile segnato da una profonda diffidenza. Il modello educativo, come nella tradizione salesiana, è incentrato sull’educazione sia formale che non formale. Il ragazzo è visto nella sua possibilità e capacità di crescere secondo le proprie inclinazioni e passioni e, soprattutto, rispettando le regole del vivere comune.
«Il sistema preventivo di don Bosco prevede che i ragazzi vengono accompagnati passo dopo passo nella crescita attraverso il servizio scolastico, come facciamo noi il pomeriggio con il doposcuola, e dopo anche nelle attività dell’oratorio come il calcio, il basket. Oggi appunto traduciamo il sistema preventivo attraverso queste attività, cercando di togliere il più possibile i ragazzi dalla strada oppure da tutte le situazioni – diciamo sporche – che ci sono al di fuori dell’oratorio e cerchiamo di fargli capire cosa è giusto, la strada da seguire. Cercare di guidare anche i loro sogni, cercare di dare una mano nel realizzare i loro sogni» (Matteo Troccoli, operatore del Servizio Civile Nazionale, intervista, 22/02/2019).
Come nella tradizione dell’opera di don Bosco, il gioco e le attività educative sono inserite in un insieme di regole che sono strumento vivo di insegnamento dello stare al mondo per diventare “onesti cittadini e buoni cristiani”, come diceva il santo.
L’azione dei servizi della Casa del Redentore si basa sul presupposto che la mancanza di cultura e di prospettive di vita, in un contesto segnato dalla disoccupazione di massa e dalla povertà educativa, porti al dilagare della criminalità tra i più giovani. Perciò il Redentore, oltre all’oratorio, ha costruito una galassia di interventi: la formazione professionale, come nella tradizione salesiana, un laboratorio culturale e la biblioteca di quartiere, un convitto universitario, una comunità per minori e un centro socio-educativo diurno, progetti di inserimento socio-lavorativo e progetti educativi per minori e famiglie.
L’oratorio è il vero cuore pulsante del Redentore. Da lì son passati tantissimi giovani del quartiere e personalità autorevoli della città. Ha un calendario di attività fitto e ampio: offre sostegno scolastico; formazione sistematica per animatori; tornei di calcio, pallavolo, basket, ping-pong, calcio-balilla; convegni con tematiche educative; laboratori di breakdance, clown, teatro, danza, musica, scherma; attività ludico-ricreative, gite, feste; organizza l’Estate ragazzi e campiscuola.
Marilena Decaro, che frequenta l’Istituto fin da piccola, oggi operatrice del Servizio Civile, illustra come si cerca di coinvolgere i giovani:
«Secondo me il primo obiettivo è l’accoglienza e mostrarsi amici nei confronti del ragazzo e di quella che è tutta la situazione che c’è dietro. Mai discriminare, ma accogliere. Perché una volta che il ragazzo si sente accolto e ti sente amico, si apre. E di conseguenza si sente protetto» (intervista, 13/02/2019).
L’opera di don Bosco e dei suoi successori ha creato quei formidabili laboratori di arti e mestieri che hanno sottratto intere generazioni di ragazzi alla strada. Il CNOS-FAP Puglia è un ente di formazione accreditato dalla Regione Puglia e fa parte di una federazione nazionale che riprende, in chiave moderna, lo spirito e l’impegno del fondatore dei salesiani.
Nella sede di Bari ci si occupa principalmente di ragazzi minorenni in dispersione scolastica che, non avendo completato l’obbligo scolastico, intraprendono un percorso triennale professionalizzante. Sono corsi finanziati dalla Regione Puglia attraverso risorse proprie e con fondi europei. Al momento sono attivi corsi per “Operatore elettrico”, “Operatore alla riparazione dei veicoli a motore” e per “Operatori socio sanitari”.
Come afferma don Renato Colucci, animatore salesiano del CNOS-FAP:
«Il sistema preventivo, come lo intende don Bosco, è ampio. L’educatore, il salesiano – diceva – deve essere maestro in cattedra, amico nella ricreazione, assistente nei laboratori. E avere questa attenzione sempre. Il ragazzo deve sentirsi osservato, non per essere giudicato, ma per essere indirizzato nelle cose da fare, nel bene e non nel male. Il sistema preventivo, in qualsiasi ambiente, prevedeva sempre un regolamento e, in base a quello, i ragazzi dovevano imparare a regolarsi» (intervista, 13/02/2019).
Il regolamento del CNOS-FAP stabilisce doveri degli alunni, regole di condotta e le sanzioni per eventuali infrazioni. Il metodo educativo è fondamentalmente basato sull’esperienza. I programmi dei corsi prevedono, accanto a ore di formazione di base e trasversale, materie professionalizzanti specifiche. E il centro ha un’officina e un laboratorio elettrico per le ore di pratica. Un ragazzo che ha completato l’obbligo scolastico con un progetto realizzato dal CNOS-FAP racconta:
«ho fatto più di mille ore di stage alla Mercedes, alla Fiat perché puntano principalmente a farti vivere la vita, a darti a diciotto-diciannove anni la strada per lavorare direttamente. Ho visto con i miei occhi la macchina entrare in pezzi e uscire che camminava su quattro ruote» (Francesco Barracane).
E racconta anche le sorti di alcuni dei suoi ex compagni di corso:
«Siamo partiti in ventidue il primo anno e ci siamo ridotti in undici l’ultimo anno perché parecchi si sono ritirati, parecchi non andavano d’accordo, non gli andava molto. Siamo rimasti in pochi e sette-otto hanno trovato spunto per questo lavoro qui. Anche grazie all’aiuto di qualche professore parecchi hanno trovato lavoro in marchi importanti».
Le difficoltà che affrontano gli allievi sono molteplici. Spesso non hanno una rete di supporto che ne curi e indirizzi la crescita.
«Le difficoltà che vivono sono innanzitutto che non riescono proprio a stare seduti. E poi che magari hanno anche alle spalle delle situazioni familiari particolari. Non viene accettato il ruolo del padre, di chi dà delle direttive. Però la maggior parte sono dei ragazzi molto svegli che usano l’intelligenza solo per alcune cose. Magari per quanto riguarda la teoria non tanto, ma quando li mandi a fare lo stage sono bravi e riescono» (don Renato Colucci).
Tutto il settore della formazione professionale in Puglia sta affrontando una profonda crisi. Uno dei problemi affrontati dal CNOS-FAP, come sottolinea la responsabile Elena La Ficara, è il numero ridotto di corsi di formazione finanziati.
«Il problema è che la Regione attribuisce agli enti di formazione un unico corso e noi abbiamo tante richieste, ma non riusciamo a coprire e rispondere a queste richieste. E chi esce dal circuito scolastico, anche il nostro, perché il nostro è proprio l’ultima spiaggia, per esperienza non fa una bella fine» (intervista, 13/02/2019).
Il CNOS-FAP Puglia ha creato nel corso degli anni un insieme di collaborazioni con enti pubblici, privati e del terzo settore. Gli allievi, ad esempio, vengono inviati a Porta Futuro, centro per l’impiego pubblico. Inoltre, come spiega la coordinatrice Elena La Ficara, hanno attivato collaborazioni con enti del privato sociale (ad esempio con lezioni sui corretti stili di vita) per arricchire l’offerta formativa e accompagnare i ragazzi nella crescita .
Il laboratorio culturale “Don Bosco oggi”, nato nel 2016 e gestito dall’omonima associazione, ha lo scopo di promuovere la cultura educativa attraverso corsi di formazione, seminari e convegni. Cura la rivista della Comunità Educativa Pastorale del Redentore e anima la biblioteca di quartiere “Don Bosco”, in collaborazione con il Comune, l’Università di Bari e l’Istituto di Scienze religiose “San Sabino”. Le attività dell’associazione servono ad assicurare, secondo la definizione di don Angelo Santorsola, guida dell’Ispettoria meridionale salesiana, “un’analisi critica” su come il sistema preventivo è attuato nella realtà barese. DB Lab, utilizzando l’espressione usata dalle persone che quotidianamente vi lavorano, è il «pensatoio» dell’Istituto Redentore.
Riaperta al publico nel 2016 grazie a un programma di reinserimento lavorativo comunale, dopo che per diversi anni era stata gestita dai volontari del Centro Pedagogico Meridionale, la biblioteca in tre anni è riuscita ad animare il quartiere. Dalla biblioteca Don Bosco sono nati un orto didattico, un laboratorio per genitori, uno short master sulla figura dell’educatore, caffè letterari, attività per i bambini, una mostra fotografica e una scuola di formazione socio-politica, nell’ambito della quale è stato organizzato un corso di alta formazione in comunicazione sociale. L’associazione è entrata inoltre a far parte della rete urbana per la promozione dell’inclusione sociale attraverso la cultura – Bari Social Book – e ora si appresta ad essere una delle undici biblioteche di comunità cittadine riqualificate con fondi europei dal progetto comunale COLIBRì (Community Library). Il progetto doterà la Don Bosco di arredi, attrezzature e innovativi sistemi di gestione, catalogazione e interazione con i fruitori.
Tra gli impatti delle imprese sociali c’è sicuramente la capacità “di promuovere l’imprenditorialità sociale attraverso la costituzione di nuove realtà o lo sviluppo di attività imprenditoriali” (Rago, Venturi, Zamagni, 2015). Il pub sociale Lupi & agnelli nasce all’interno della Casa Salesiana di Bari nel 2016 grazie a un finanziamento comunale per piccole imprese situate in aree di degrado urbano e sociale (MAP). Gestito dalla cooperativa Pane, lavoro e paradiso, è uno dei primi casi in Italia di locale pubblico aperto in una comunità religiosa. Ed è anche il primo passo di un più ampio percorso di creazione di lavoro per i giovani del quartiere. Il progetto prende vita dall’esigenza di dare un’opportunità di riscatto sociale ai giovani che non studiano e che non lavorano, e di offrire una valida alternativa alla strada e alla delinquenza.
Il pub è un luogo accogliente, funzionale e colorato, nato anche grazie a un partenariato, all’avvio, con un’impresa specializzata in food and beverage, la Cippone& Di Bitetto, che per le prime settimane ha affiancato i ragazzi dello staff. L’obiettivo del social pub è di essere un punto di riferimento, un contenitore socio-culturale, luogo di espressione artistica e promozione della creatività: ha ospitato presentazioni di libri, eventi musicali e artisti locali.
La Comunità Educativa per minori “16 Agosto”, realizzata grazie alla collaborazione con la Caritas Diocesana di Bari – Bitonto, accoglie 10 ragazzi, italiani sottoposti a provvedimento penale o minori stranieri non accompagnati. La comunità è gestita dall’APS “Piccoli Passi Grandi Sogni onlus”, organizzazione dei Salesiani nata a Napoli nel 2007 che si occupa di minori a rischio.
Per gettare luce sugli esiti dei processi educativi della struttura, ospitata in un’ala del Redentore, è utile raccontare la storia di Francesco Saponieri, affidato dal giudice alla “16 agosto” dopo una rapina. Quella di Francesco, in arte Kekko Yang, è una storia di riscatto. La malattia dei genitori, la via criminale appena adolescente e l’incontro con don Francesco Preite che, secondo il racconto del ragazzo, gli dà la possibilità di coltivare le sue vere passioni, la musica e il freestyle. Francesco Saponieri, dopo aver preso il diploma, è stato animatore del Servizio Civile nel 2017, ha partecipato a una fiction RAI e continua a pubblicare dischi.
L’Istituto ospita anche il Centro Socio Educativo Diurno per minori “I ragazzi di don Bosco”, che accoglie fino ad un massimo di 60 minori esposti al rischio di emarginazione o di devianza, gestito dalla Cooperativa “Il sogno di don Bosco” in collaborazione con il Comune. In un’ala del grande edificio si trova invece il Convitto Universitario Salesiano “Michele Rua” (CUSMIR), cheospita e accompagna 25 giovani studenti nel loro percorso di studi universitari e di crescita umana.
Al momento, all’interno del Redentore, sono attivi altri due progetti: “Dare di più a chi ha avuto di meno” e “CANTI – Cantieri ANTimafia Innovativi”, paradigmatici delle priorità dell’azione educativa del Redentore: il contrasto alla povertà educativa e la pedagogia dell’antimafia.
Dare di più a chi ha avuto di meno è un’iniziativa finanziata dall’Impresa Sociale Con i bambini. Il progetto è gestito dai Salesiani per il Sociale, Federazione SCS/CNOS, ente nazionale che si occupa di comunità educative, centri diurni e di accoglienza di minori. Partner dell’iniziativa, che si svolge in più regioni, sono l’Istituto Redentore, l’APS Piccoli Passi Grandi Sogni, alcune scuole anche del quartiere, il Comune di Bari e altri Comuni pugliesi.
La seconda iniziativa, CANTI – Cantieri ANTimafia Innovativi, è a carattere regionale. Il progetto, finanziato dalla Regione Puglia con 365.000,00 del POR 2014/2020, “si focalizza sul Redentore come hub interculturale e in grado di coinvolgere le fasce adolescenziali e giovanili in percorsi formativi e di riflessione sui temi dell’integrazione e della lotta alla mafia nel Libertà”. Uno degli aspetti interessanti di questo progetto è la sinergia che, all’interno del Redentore, i vari servizi sanno attivare.Al progetto infatti partecipano l’Istituto Salesiano SS Redentore, l’ente di formazione e la cooperativa Pane, lavoro e paradiso, insieme al Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia, Comunicazione dell’Università, al Comune di Bari e all’Istituto Comprensivo “San Giovanni Bosco-Melo da Bari”.
La capacità del Redentore di fare rete tra attori della società civile e dell’economia sociale della città è dimostrata anche dall’essere diventato ente capofila del progetto Reti Civiche Urbane: ventidue enti – associazioni, scuole, centri culturali, una impresa di produzione e distribuzione cinematografica – operanti al Libertà che hanno steso un fitto programma di eventi e attività socio-culturali costruito attorno alla necessità di lavorare sullo spazio pubblico per favorire l’inclusione sociale e aumentare la sicurezza percepita dagli abitanti. Grazie all’iniziativa, finanziata dal Comune attraverso fondi di coesione nazionali (POC Metro 2014/2020), è stato costruito un cartellone di eventi che ha al centro la memoria storica del Libertà e la capacità di innovare a partire dalle risorse urbanistiche, culturali, educative e sociali presenti nel quartiere.
Tra i progetti in cantiere, infine, c’è la nascita di una struttura ricettiva: il business plan per il bed and breakfast prevede un investimento di 105.000 euro per creare sei camere da letto e uno spazio comune per cucina e ristoro. L’iniziativa prevede l’assunzione di cinque giovani disoccupati under 30 ed è realizzata in collaborazione con Gruppo Giovani Ance Bari e Bat. La collaborazione con ANCE è proseguita e, a luglio 2019, insieme al Politecnico di Bari, è stato firmato un protocollo per riqualificare i grandi spazi dell’Istituto. E, per il futuro, l’auspicio è di riaprire il cinema-teatro, nato nel 1957 e attivo fino agli anni ’90.
I destinatari
I racconti degli animatori, cresciuti nel cortile dell’oratorio, parlano di uno spazio un tempo affollato che negli ultimi anni ha perso parte della propria vivacità. La socializzazione e l’impiego del tempo libero – affermano – sono oggi molto diversi, e i genitori sembrano proteggere i figli evitando un contatto con i pari, specialmente in un luogo che fa dell’accoglienza la propria cifra costitutiva e che per questo è vissuto come pericoloso.
L’atteggiamento dei genitori è duplice: probabilmente per la mancanza di servizi socio-ricreativi nel territorio, utilizzano il Redentore per un aiuto nel lavoro di cura, conservando però uno scetticismo di fondo nella diversità dei ragazzi accolti.
«Secondo me quello che potrebbe essere migliorato è il rapporto con le famiglie e l’oratorio perché molte famiglie lasciano qui i loro figli e se ne vanno, mentre secondo me è sbagliata come cosa perché dovrebbero venire e stare insieme ai loro figli. Molti lo vedono come un parcheggio: prendono, lo lasciano e se ne vanno. E poi, appena qualcosa va male, sono subito i primi a incolpare, a dire: no, l’oratorio è sbagliato… Invece io dico che ci dovrebbe essere molto più coinvolgimento anche per attività per genitori e le famiglie così da poter formare una comunità unita» (Matteo Troccoli).
E i genitori sono anche i più resistenti al cambiamento culturale che il sistema educativo del Redentore propone. Come afferma Antonio Procuro, animatore del Servizio Civile:
«ogni tanto vedo più dei genitori che dicono: non giocare con quello perché…» (intervista, 22/02/2019).
Tab. 2. Riepilogo dei destinatari delle attività dell’Istituto.
2017 | 2018 | |
Parrocchia | 180 | 200 |
Oratorio | 450 | 500 |
Centro Diurno | 10 | 15 |
Social Pub* | 30 | 40 |
DB Lab* | 73 | 75 |
Biblioteca | 40 | 55 |
Comunità “16 Agosto” | 8 | 12 |
CUSMIR | 22 | 23 |
Scuola Professionale | 62 | 104 |
* Numero medio di presenze durante le serate di apertura (pub) e gli eventi (DB Lab)
Fonte: Istituto Salesiano SS: Redentore.
Come si può notare, la stima sul numero di destinatari dà un’immagine che contrasta in parte con l’analisi qualitativa, che racconta invece di un luogo che perde capacità attrattiva. La ricerca di nuovi ambiti di intervento è probabilmente dovuta anche alla necessità di ripopolare gli spazi di una struttura pensata in un’altra epoca e per altre esigenze.
Conclusioni
Il Redentore sta cambiando pelle e la nascita al suo interno di nuovi servizi rivela come si stia trasformando per rispondere ai bisogni di un territorio di frontiera. Oltre ai domini classici dei salesiani, l’educazione e la formazione, l’attenzione è sempre più rivolta a creare opportunità di lavoro per prevenire la devianza tra i ragazzi del quartiere attraverso l’economia civile che, come affermano Bruni e Zamagni (2009, 14), “propone un umanesimo a più dimensioni, nel quale il mercato non è combattuto o ‘controllato’, ma è visto come un luogo civile al pare degli altri, come un momento della sfera pubblica, che se concepito e vissuto come luogo aperto anche ai principi di reciprocità e di gratuità, può costruire la città”. Parole che risuonano con quelle del direttore don Francesco Preite, che afferma: «in questo momento, in cui l’economia è molto scarsa, possiamo ripartire solo rimettendo al centro la capacità di essere persone sociali. L’economia riparte se c’è relazione, socialità, comunità». L’obiettivo è di trasformare il Redentore in un avamposto di economia solidale in un quartiere dal destino fragile. Gli sforzi dell’Istituto stanno andando di pari passo con quelli dell’Amministrazione comunale, che sta intercettando fondi di coesione nazionali ed europei per interventi architettonici e per ricostruire il tessuto sociale del quartiere.
Dall’analisi svolta emergono tre incognite. Primo, potrà emergere un problema di sostenibilità. Gran parte degli interventi del programma di rigenerazione, e di conseguenza del Redentore, consiste in servizi di inclusione finanziati da fondi che hanno durata e scopi prestabiliti. Come dimostra la storia della finanza pubblica locale degli ultimi anni, è difficile assicurare continuità nelle prestazioni vista l’incertezza delle fonti. Il successo della grande trasformazione del Redentore, che è il principale soggetto attuatore sul territorio, è strettamente legato alla difficile riuscita del programma di rigenerazione del Libertà. Tanto dipenderà dalla capacità del piano strategico di lasciare il segno oltre la durata dei progetti specifici, rafforzando il tessuto relazionale e produttivo del quartiere e la sua capacità di innovazione sociale. Per rispondere alla minaccia, l’Istituto sta tentando di diversificare le attività, attingendo risorse direttamente dal mercato e utilizzando l’aiuto pubblico solo per la fase di avvio. Ma le difficoltà sono palesi: in un’area (Paese, Mezzogiorno, città, quartiere) stagnante o in declino, è complicato attivare processi di creazione economica se non intercettando risorse oltre i confini comunali, sui mercati nazionali ed esteri (Jacobs, 1970). Per questo sembra una buona idea la nascita di un b&b che sappia approfittare della nuova vocazione turistica della città.
La seconda questione riguarda la governance del Redentore. La sfida di un ente diversificato e in continua espansione, falansterio moderno, luogo di produzione e scambio di relazioni oltre che di beni e servizi, richiede capacità gestionali importanti. L’impresa di modificarne struttura e compiti, cercando di mantenere un equilibro economico-finanziario e motivando al tempo stesso operatori, volontari e amministrativi nella fase del cambiamento, è opera molto delicata che richiede grandi competenze professionali e umane. A fronte della scarsità del numero di lavoratori e volontari, come dichiarano gli intervistati, ci sono dubbi sulla presenza nella struttura di un tale articolato insieme di conoscenze.
Infine, alla luce dei cambiamenti in atto, nel contesto di riferimento e all’interno dell’organizzazione studiata, restano aperti interrogativi sulla capacità del Redentore di produrre esiti sociali proporzionali alle risorse investite e in linea con i risultati attesi. Per questo sarà necessaria un’ulteriore indagine sul campo che coinvolga destinatari e famiglie, e analizzi e riclassifichi nel dettaglio i rendiconti economici e i bilanci degli enti che compongono quell’incubatore di socialità e di opportunità che è l’Istituto Salesiano SS. Redentore di Bari.
Riferimenti bibliografici:
Accetturo A., De Blasio G. (2019) Morire di aiuti. I fallimenti delle politiche per il Sud (e come evitarli), IBL Libri, Torino.
Andreotti A., Mingione E., (2016), «Local welfare systems in Europe and the economiccrisis», inEuropean Urban and RegionalStudies, Vol. 23(3), p. 252-266.
Bruni L., Zamagni S., (2009), Dizionario di economia civile, Città Nuova, Roma.
Eatwell R., Goodwin M. (2018) National Populism: The RevoltAgainst Liberal Democracy, Pelican Books, Londra.
Esping-Andersen G., (2006) Putting the horse in front of the cart: towards a social model for mid-century Europe, in Sassen S. ed Esping-Andersen G., (a cura di), Towards a New Welfare State, WRR Lecture 2005, The Hague, pp. 31-67.
Jacobs J., (1970), The economy of cities, Ramdom House, New York.
Maietta F., (2015), «Composizione sociale italiana e nuovo sviluppo: scenari per un ruolo attivo dell’impresa sociale», in Rivista Impresa Sociale, Vol. 6, p. 65-74.
Melloni E., (2017), «La valutazione di impatto sociale: obiettivi, metodi ed evoluzioni», in RIV Rassegna Italiana di Valutazione, Vol. 67, p. 101-123.
Pawson R., Tilley N., (1997), Realistic Evaluation,Sage Publications, London.
Pawson. R., (2006), Evidence-based Policy: A RealistPerspective. Sage, Thousand Oaks, CA.
Rago S., Venturi P., Zamagni S. (2015), «Valutare l’impatto sociale. La questione della misurazione nelle imprese sociali», in Rivista Impresa Sociale, Vol. 6, p. 76-97.
Ranieri C., (2015), Rendicontazione sociale, catena di valore e questione della misurabilità, IsfolResearchPaper, n. 27.
Sylos Labini P., (1974), Saggio sulle classi sociali, Laterza, Bari.
Vercellone C. (2011) «Modelli di welfare e servizi sociali nella crisi sistemica del capitalismo cognitivo», UniNomade 2.0, http://www.uninomade.org/modelli-di-welfare-capitalismo-cognitivo/ (ultimo accesso: 17/07/2019).